Uno spettacolo che parla di violenza sulle donne, in un modo mai visto prima. Siamo pieni di spettacoli che parlano di violenza sulle donne.
Tutti con storie di donne straziate, abusate, uccise. Tutti mostrano soltanto la punta dell’iceberg e mantengono il focus sul vittimismo. Parlare di vittime è rassicurante e poco rischioso. Forse invece è ora di rischiare, se vogliamo colpire il cuore del sistema.
“Al suo posto” nasce dalle storie di vita di tutte le donne; vite che, anche se privilegiate e felici, sono fatte di piccole attenzioni di salvaguardia, come il cambiare marciapiede se in una via deserta c’è un gruppetto di uomini; tenere le chiavi di casa già in mano quando si scende dalla macchina di notte; non andare a passeggio in città da sole di notte; come l’essere state, tutte, senza esclusione: postrofate, chiamate con fischi o epiteti volgari; toccate, strusciate, sbavate, abusate nel corpo e nell’anima in modi piccoli e grandi, sottili o evidenti.
In questo spettacolo vediamo un mondo al contrario: un mondo che non è mai stato patriarcale: è sempre stato matriarcale. Tutto: società,
famiglia, lavoro, relazioni, modi di dire, preghiere, è al contrario.
Quattro amici si incontrano, incastrando questo momento tra le mille cose che devono fare sempre: essere papà, lavorare, gestire famiglia,
relazione, tenersi in forma. In una “colazione perenne”, all’interno di una caffetteria che è anche vetrina, trappola, teca o esposizione, vediamo gioie, dolori, accomodamenti; con “un’aria da commedia americana” si scivola nel buio di vicende e violenze mai raccontate, che appartengono a tutti gli uomini di questo mondo.
“Al suo posto” ci pone uno specchio magico e ci lascia vedere attraverso un mondo appositamente distorto quanti “no” gli uomini devono ancora imparare ad accettare, e le donne a dire.
Il teatro è prima di tutto un esercizio di empatia. A teatro ci si mette DAVVERO nei panni di qualcun altro. Quale occasione migliore per
smontare le barricate che ci stanno dividendo e mettendo in conflitto?